Da un punto di vista cognitivo si è potuto evidenziare il ruolo delle aspettative e delle credenze degli individui rispetto all’influenza di questi su una vasta gamma di comportamenti.
Spesso tale influenza si estende alle caratteristiche peculiari degli stili di vita individuali e al consumo di sostanze.
Per quel che concerne l’attività di valutazione psicologica in area trapianti è chiaro che il monitoraggio e la valutazione in pazienti con diagnosi di patologie alcool-correlate (cirrosi epatica ad esempio) rappresenti una attività delicata e allo stesso tempo strategica.
Il nostro obiettivo, in accordo con le linee guida e ai protocolli attuali, concerne la verifica dell’idoneità del paziente al trapianto, ove l’abuso di alcool rappresenti una controindicazione al trapianto stesso.
Considerate tali premesse è di fondamentale importanza la conoscenza della storia personale del paziente e soprattutto le modalità con cui l’abuso di alcool si è via via inserito all’interno delle sue modalità comportamentali modificandone così il funzionamento e divendando poi una dipendenza.
Ai fini di una conoscenza approfondita appare utile concentrarsi anche sulle modalità di pensiero del paziente collegate all’abuso.
Esiste effettivamente uno stile cognitivo che è caratterizzato da aspettative e credenze specifiche circa l’assunzione di alcool.
Molte ricerche hanno evidenziato in particolare l’influenza di tali aspettative e credenze sulle modalità di mantenimento dell’abuso, caratterizzandole quindi come fattori di rischio.
Tali aspetti si aggiungerebbero a quelli di ordine neurobiologico (si pensi all’influenza dell’alcool sul cosiddetto “circuito della ricompensa”).
Più in particolare gli studi più recenti (Spada e Wells, 2005; 2006; 2008) hanno evidenziato l’influenza delle credenze metacognitive per quel che concerne il mantenimento delle patologie alcool correlate.
Le credenze concernono le informazioni che le persone hanno di se stesse in merito agli stati mentali interni e alle strategie di autoregolazione (Wells, 2000).
In tal senso è possibile ipotizzare che la regolazione degli stati interni negativi possa rappresentare una motivazione importante all’assunzione della sostanza.
Molto spesso infatti vi è la convinzione che l’alcool possa favorire le capacità di problem solving nonchè quelle connesse al controllo dei pensieri e alla regolazione delle capacità attentive.
Tali credenze potrebbero indicare pertanto una sostanziale mancanza di fiducia dei soggetti circa le proprie capacità di efficienza cognitiva, sia per quel che concerne le attività di coping che le attività di regolazione degli stati interni. E questo rappresenterebbe in ultima istanza un . fattore di rischio ed un possibile predittore del consumo di alcool
Queste evidenze sono molto interessanti, anche e soprattutto per quel che concerne la pratica clinica.
Pubblished online by Francesco Greco