mercoledì 9 dicembre 2009

Una nuova area psicologica : Psicotrapiantologia

Con il termine Psico-Trapiantologia intendiamo indicare quella “nuova” area della psicologia tesa ad approfondire le svariate dinamiche psicologiche che ruotano attorno al trapianto di organi. Di certo, individuare tutte le variabili tenute in considerazione in quest’ambito è alquanto difficoltoso. Tra le altre cose, anche la letteratura a riguardo sembra alquanto ridotta. Questo articolo, dunque, vuole essere un momento di spunto/riflessione per spingere quanti fossero interessati ad approfondire tali argomentazioni. Nell’ambito della nostra pratica quotidiana ambulatoriale e/o ospedaliera IsMeTT (Istituto Mediterraneo Trapianti e Terapia ad Alta Specializzazione), ci capita spesso di chiedere ai nostri pazienti il motivo di una visita psicologica in un centro trapianti. Spesso i pazienti rispondono con cognizione di causa, spiazzando anche le nostre aspettative. In effetti chi si avvicina ad affrontare un trapianto, ha già un suo vissuto fatto di sofferenza a causa di una patologia ingravescente che può anche portare alla morte. Per tanto, molti di loro valutano tal pratica chirurgica, ossia il trapianto, come l’unico e talvolta anche l’ultimo mezzo per poter sopravvivere. Proviamo ad immaginare l’intensità emotiva che caratterizza tali pazienti. In tal ambito si focalizza l’iniziale interesse dello psicologo, teso non solo a supportare psicologicamente il paziente, quindi a contenere le eventuali ansietà dello stesso, ma anche a valutare il suo status psico-clinico. Il compito dello psicologo, inoltre, deve mirare a valutare la consapevolezza che il paziente ha circa i rischi cui potrebbe andare incontro sottoponendosi ad un eventuale trapianto. In definitiva, risulta necessario valutare la capacità del paziente di firmare un “Consenso informato” e ciò è strettamente correlato allo stato cognitivo e psichico del paziente. L’importanza dell’area cognitiva, dunque, ha valore in riferimento alla “consapevolizzazione” dei rischi cui potrebbe andare incontro. Ciò presuppone, anche, la capacità gestionale del paziente, in ordine alla terapia da seguire nel post-trapianto. Tale possibile “deficit”, infatti, potrebbe inficiare severamente l’esito del trapianto, fino alla perdita dell’organo stesso, con tutte le conseguenze ad essa connesse. Anche la presenza di eventuali psicopatologie può rappresentare un forte limite. Ma con quali psicopatologie abbiamo maggiormente a che fare? Quasi sempre ci troviamo di fronte a pazienti che hanno alle spalle una lunga storia clinica fatta di sofferenze e ciò, chiaramente, va a determinare uno stato di alterazione umorale di tipo ansioso-depressivo. Ci riferiamo alla realtà di un paziente affetto da Insufficienza Renale Cronica, sottoposto a trattamento emodialitico da lungo tempo (vissuta spesso come una sorta di sottomissione ad una macchina!), scompenso della malattia stessa (vedi ascite, encefalopatie...). Per tanto, quando ci troviamo di fronte a tali pazienti, il nostro intervento è mirato a stabilire un percorso psico-terapeutico a breve termine, secondo la teoria comportamentale-cognitiva, da noi ritenuta la più efficace, data la limitatezza dei tempi, in riferimento anche alla celere evoluzione della patologia medica dei pazienti con cui interagiamo. Un capitolo a parte spetta a quell’approccio terapeutico mirato alla risoluzione di fobie, dipendenze da sigarette... ove, abbiamo valutato un ottimo successo grazie alle tecniche della desensibilizzazione sistematica. In tal ambito, possiamo anche includere l’uso del Biofeedback per il Pain Management, ossia, lo sviluppo della capacità di gestione del dolore. Certamente, esistono anche casi psico-clinici maggiormente complessi, che richiedono un più attento monitoraggio e ci riferiamo a quei “pazienti a rischio”, ossia, quei soggetti che, per esempio, hanno una tendenza alla somatizzazione, ai soggetti con una pregressa storia alcolica e/o di tossicodipendenza etc...Questi ultimi, tra l’altro, vengono inviati nei Ser.T. per un percorso psicoterapeutico specialistico nel settore. In ogni caso, gli stessi vengono seguiti anche dal nostro Servizio, per un monitoraggio connesso a quelle variabili psicologiche collegabili all’eventuale percorso clinico da seguire per arrivare ad essere inseriti nella lista di attesa. I In definitiva, non è solo importante che il paziente smetta di bere (cambiamento di “Azione”), è necessario, infatti, che lo stesso ritrovi la fiducia in sé stesso per affrontare con motivazione e su un piano di realtà, un eventuale trapianto. Ciò, significa che deve essere anche nelle condizioni di saper gestire la propria emotività/ansietà di fronte a qualsivoglia complicazione clinica sia nel pre che nel post-trapianto. In tal senso, il lavoro dello psicologo deve mirare ad incrementare i “coping skills” del paziente che gli consentiranno di riorganizzare il proprio vissuto quotidiano in modo funzionale. Tale aspetto assume una sua valenza fondamentale nella realtà del paziente post-trapianto, argomento che presupporrebbe un nuovo e ampio capitolo, data la complessità delle dinamiche psicologiche che ruotano attorno al paziente “immerso in questa nuova realtà”. Josephine G. Morana Clinical Assistant Professor of Psychiatry University of Pittsburgh School of Medicine Chief Clinical Psychologist UPMCI-ISMETT Responsabile U.O di Psicologia Clinica UPMCI-IsMeTT Rosario Girgenti Attending Psicologia Clinica Responsabile Servizi Ambulatoriali

1 commenti:

Francesco Greco ha detto...

Complimenti per questo ottimo articolo!

Francesco